L’Indonesia non è propriamente la patria del calcio, eppure Marco Motta lì ha trovato la sua oasi felice, il suo posto nel mondo, nel quale giocare e scoprire una nuova cultura, diversa e intrigante. L’ex terzino della Roma ha firmato con il Persija Jakarta, formazione indonesiana che ha dimostrato fin da subito interesse nei suoi confronti. 

Il classe ’86 è cresciuto nell’Atalanta, club con il quale ha anche esordito nel calcio professionistico. Poi ha vissuto un’ascesa incredibile, che lo ha portato a giocare stabilmente in Serie A ed a vestire le maglie di Udinese, Juventus, Roma, Bologna, Catania e Genoa.

Quella con i capitolini, forse, è stata l’esperienza più stimolante della sua carriera, visto che i giallorossi gli hanno dato fiducia e lo hanno schierato anche durante match importanti e prestigiosi. Queste le sue parole rilasciate a RomaToday riguardo la sua avventura nella capitale: 

“Ricordo gli ottavi di Champions League contro l’Arsenal con lo Stadio Olimpico gremito in ogni settore, in ogni angolo. Poi Trigoria che per me è stata una famiglia, i compagni campioni assoluti come Totti e De Rossi. Ho avuto come allenatore prima Spalletti che mi ha insegnato tantissimo e poi Ranieri con cui siamo stati campioni d’Italia al termine del primo tempo a Verona. Poi purtroppo tutto è svanito col gol di Milito. E poi la tifoseria della Roma è spettacolare e molto passionale”.

Ad un certo sembrava punto, però, in Italia nessuno più interessato Paesi a lui e per questo Marco ha deciso di vivere una nuova esperienza, questa volta all'estero, anche per vedere da vicino come gli altri interpretano il calcio: 

“Prima sono stato in Inghilterra e Spagna (Watford, Charlton, Almeria,) poi avevo la voglia di venire in Asia. Avevo l' obiettivo di andare in Giappone ma poi c'è stata questa opportunità a Giacarta e l'ho colta al volo e ne sono felicissimo. Ho un rapporto col presidente, col club, con la tifoseria e quindi qui sto benissimo. Sicuramente rientrerò in Italia con la mia famiglia ma non so ancora quando. E se ci sarà la possibilità a fine carriera, mi piacerebbe restare nel mondo del calcio. Questa è un'esperienza felicissima perché sto avendo l'opportunità di scoprire una nuova culture, una nuova lingua, un approccio di vita totalmente diverso da quello europeo. Non appena sono arrivato c'è stato un impatto meraviglioso. E poi il nostro stadio mi ricorda l' Olimpico…”. 

Insomma, non è mica detto che per essere felici bisogna vivere per forza nel proprio Paese d' origine o che il calcio vero si giochi solo a certe latitudini. Marco ha scoperto un nuovo mondo che lo rende felice ed alla fine questo è quello che conta. In fondo dovunque rotoli un pallone c'è del romanticismo ed una sfida da vincere.