Lo chiamavano “Il piccolo Buddha” ma in campo si sapeva far rispettare e tutto sembrava tranne che piccolo.

Stiamo parlando di Ivan De la Peña, talento cristallino cresciuto nella Primavera del Barcellona ed arrivato alla Lazio per circa 30 miliardi di lire.

All’epoca il presidente dei biancocelesti era Sergio Cragnotti, il quale aveva il sogno di portare lo Scudetto a Roma. Ecco perché, ad un certo punto, non ha badato a spese ed anzi ha investito parecchio nella sua Lazio, a volte compiendo anche scelte scellerate.

Il centrocampista classe ’76 poteva giocare sia al centro che sulla trequarti, avendo qualità da vendere ed un’ottima visione di gioco. A Roma, però, il tecnico Sven Goran Eriksson non credeva troppo nelle sue potenzialità ed infatti lo ha fatto giocare con il contagocce, nonostante lo spagnolo percepisse uno stipendio di circa 6 miliardi all’anno. 

Al suo arrivo in Italia tutti ne parlavano benissimo, con la Lazio che era riuscita a strapparlo alla concorrenza dell’Inter di Ronaldo, suo vecchio compagno al Barcellona e grande estimatore del trequartista spagnolo.

De la Peña, però, in Italia non si è mai davvero ambientato ed ha dovuto girovagare molto prima di tornare a dispensare talento e grandi giocate sul campo da calcio. Alla fine la squadra che gli ha permesso di esprimersi al meglio è stata, per un assurdo gioco del destino, l’Espanyol, la rivale storica del Barcellona. 

Lì il classe ’76 ha sentito la fiducia da parte di tutti e soprattutto avvertito meno la pressione, che in passato non lo aveva fatto rendere come avrebbe dovuto.

Grazie al club biancoblu, De la Peña è tornato ad essere decisivo in campo, conquistando anche 5 convocazioni con la Nazionale spagnola, della quale da giovane aveva solo sentito il profumo.

Nel 2011 , una volta appesi gli scarpini al chiodo, l'ex trequartista aveva ottenuto l'incarico di secondo allenatore di Luis Enrique alla Roma ma dopo qualche giorno ha rinunciato per motivi famigliari. Probabilmente con la capitale italiana non è mai scattato il feeling giusto e la Catalogna è l'unico posto nel quale si sente davvero a casa.